21 APRILE SANT' ANSELMO
Sant'Anselmo d'Aosta (1033-1109), visse molti anni in Normandia, dove fu abate dell'abbazia di Bec. Strinse frequenti legami con l'Inghilterra, dove si recò spesso per curare gli interessi della propria abbazia, diventando arcivescovo di Canterbury nel 1093.
Difficili furono gli anni del suo episcopato, egli infatti entrò ben presto in conflitto con il re Guglielmo II e con il suo successore Enrico, i quali negavano osservanza ai capisaldi della riforma gregoriana.
Scrisse diverse opere, tra cui si ricordano: Monologion, Proslogion, De grammatico, De veritate, De libertate arbitri, De casu diaboli, Epistola de incarnatione Verbi, Cur deus homo. Punto di partenza della riflessione di Anselmo è la necessità della ragione al fine di individuare un metodo incontrovertibile per chiarificare i dati della fede anche ai non cristiani. Nel Monologion si occupa dell'elaborazione di una serie di argomenti a posteriori (basati sui dati dell'esperienza) per dimostrare l'esistenza di Dio: i gradi delle perfezioni presenti nelle cose sensibili (bontà, grandezza, essere) rimandano a bontà, grandezza, essere in sommo grado, cioè a Dio. Tali argomenti si rifanno ad una concezione realistica degli universali, in base alla quale le nozioni di bontà, grandezza ed essere, oltre che concetti dell'intelletto sono anche realmente esistenti. Nel Proslogion, invece, viene proposto un argomento a priori per dimostrare l'esistenza di Dio, argomento che diverrà poi noto come argomento ontologico. Se Dio è "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore", come apparirà ovvio anche all'ateo, Dio deve necessariamente esistere, poiché altrimenti sarebbe concepibile un secondo essere di cui non si può pensare nulla di maggiore, che esista nella realtà oltre che nella mente. Ne deriva che, per evitare una tale contraddizione, occorre quindi sostenere che l'essere di cui non si può pensare nulla di maggiore esiste anche nella realtà, oltre che nell'intelletto.
29 APRILE SANTA CATERINA DA SIENA
Ultima dei 25 figli (con una gemella morta quasi subito) del rispettato tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, figlia di un poeta. Caterina non va a scuola, non ha maestri. Accasarla bene e presto, ecco il pensiero dei suoi, che secondo l’uso avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre, anche davanti alle rappresaglie. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero). La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. E tutti amabilmente pilotati da lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara faticosamente a leggere, e più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a cuoiai e generali, a donne di casa e a regine. Anche ai "prigioni di Siena", cioè ai detenuti, che da lei non sentono una parola di biasimo per il male commesso. No, Caterina è quella della gioia e della fiducia: accosta le loro sofferenze a quelle di Gesù innocente e li vuole come lui: "Vedete come è dolcemente armato questo cavaliero!". Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo,selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio: "Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce". Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Parla chiaro ai vertici della Chiesa. A Pietro, cardinale di Ostia, scrive: "Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso (...) e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime che quella delle città; perocché Dio chiede l’anime più che le città". C’è pure chi la cerca per ammazzarla, a Firenze, trovandola con un gruppo di amici. E lei precipitosamente si presenta: "Caterina sono io! Uccidi me, e lascia in pace loro!". Porge il collo, e quello va via sconfitto. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi. E nel 1970 avrà da Paolo VI il titolo di dottore della Chiesa.
La festa delle stigmate di S. Caterina è, per il solo ordine domenicano, il 1° aprile.
30 APRILE SAN PIO V
Papa Pio V, nato a Bosco Marengo nel 1504, dalla nobile Famiglia Ghisleri, al battesimo fu chiamato Michele, nome che tenne anche da religioso. A 14 anni prese l’Abito Domenicano e sotto la tutela di Maria germogliò in lui quell’angelica pietà che fu l’anima e il segreto di tutta la sua vita. Iniziò la carriera apostolica con l’insegnamento a Bologna e a Pavia. Successivamente fu chiamato a difendere la fede, minacciata in Italia dall’eresia di Lutero che stava oltrepassando le Alpi. Michele Ghislieri fu nominato Grande Inquisitore Generale, titolo che a nessun altro passò. Parve allora rivivere in lui un'altra Gloria dell’Ordine, San Pietro da Verona, e se non dette il sangue, prodigò fatiche e sudori. Papa Paolo IV lo nominò Vescovo di Nepi e Sutri e due anni dopo lo creò Cardinale del titolo di Santa Maria Sopra Minerva. Il suo successore, Papa Pio IV, lo trasferì alla Sede di Mondovì dove la fede era più minacciata, richiamandolo poi a Roma dove si richiedeva la sua scienza e la sua illuminata prudenza. Alla morte di Pio IV i Cardinali, riunitisi in Conclave, lo elessero Papa. Il suo Pontificato, durato sette anni, fu uno dei più fecondi del suo secolo. Volle eseguiti i Decreti del Concilio di Trento, pubblicò il Catechismo Romano, stabilì l’unità della Liturgia Romana, represse il mal costume, fu il Padre d’ogni miseria. La sua gloria più grande fu la celebre vittoria contro i Turchi del 7 ottobre 1571 riportata dalle forze cristiane da lui animate e che salvò in Europa la civiltà e la fede. Grato a Maria, sua celeste alleata, istituì la festa del Rosario. Sia da vescovo, che da cardinale, che da Papa, visse sempre come un povero religioso. Volle morire con la sua rozza camicia di lana. Il suo santo trapasso fu uno spettacolo degno degni angeli. Il suo corpo è sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. E’ stato proclamato Santo il 22 maggio 1712 da Papa Clemente XI.
8 MAGGIO BEATA VERGINE MARIA DI POMPEI
La Madonna del Rosario ha un culto molto antico, risale all’epoca dell’istituzione dei domenicani (XIII secolo), i quali ne furono i maggiori propagatori. La devozione della recita del rosario, chiamato anche salterio, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché faceva in modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani senza la necessità di leggere su un testo. I misteri contemplati nella recita del rosario sono quindici, cinque gaudiosi, cinque dolorosi, cinque gloriosi. A questi nel 2002 Papa Giovanni Paolo II ha aggiunto i cinque misteri della Luce, che fanno meditare su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica di Gesù Cristo. Alla protezione della Vergine del S. Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571. A seguito di ciò il papa s. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del S. Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre. Il culto per il s. Rosario ebbe un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione. Iniziatore di questo culto, il beato Bartolo Longo, avvocato, nacque a Latiano (Brindisi) il 10 febbraio 1841, di temperamento esuberante, da giovane si dedicò al ballo, alla scherma e alla musica; intraprese gli studi superiori in forma privata a Lecce; dopo l’Unità d’Italia, nel 1863, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza nell’Università di Napoli. Fu conquistato dallo spirito anticlericale che in quegli anni dominava nell’Ateneo napoletano, al punto da partecipare a manifestazioni contro il clero e il papa. Dubbioso sulla religione, si lasciò attrarre dallo spiritismo, allora molto praticato a Napoli, fino a diventarne un celebrante dei riti.
In seguito, ebbe contatti con il dotto domenicano padre Radente, che con i suoi consigli e la sua dottrina, lo ricondusse alla fede cattolica e alle pratiche religiose.
Intanto il 12 dicembre 1864 si era laureato in Diritto, ritornò al paese natío e prese a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali; rinunziò al matrimonio, ricordando le parole del venerabile Emanuele Ribera redentorista: “Il Signore vuole da te grandi cose,”. Superati gli indugi, abbandonò la professione di avvocato, facendo voto di castità e ritornò a Napoli per dedicarsi in un campo più vasto alle opere di beneficenza; qui incontrò il beato padre Ludovico da Casoria e la beata Caterina Volpicelli, due figure eminenti della santità cattolica dell’800 napoletano, i quali lo consigliarono e indirizzarono ad una santa amicizia con la contessa Marianna De Fusco proprietaria di terreni ed abitazioni nel territorio di Pompei e Bartolo Longo come amministratore si recava spesso nella Valle; vedendo l’ignoranza religiosa in cui vivevano i contadini sparsi nelle campagne, prese ad insegnare loro il catechismo, a pregare e specialmente a recitare il rosario. Una pia suora Maria Concetta de Litala, gli donò una vecchia tela raffigurante la Madonna del Rosario, molto rovinata; restauratala alla meglio, Bartolo Longo decise di portarla nella Valle di Pompei.
Il 13 febbraio 1876, il quadro venne esposto nella piccola chiesetta parrocchiale, da quel giorno la Madonna elargì con abbondanza grazie e miracoli; la folla di pellegrini e devoti aumentò a tal punto che si rendeva necessario costruire una chiesa più grande. Iniziò il 9 maggio 1876 la costruzione del tempio che terminò nel 1887.
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