.::Articolo della Rubrica Tornate::.
CALENDARIO LITURGICO 18 LUGLIO – 15 Agosto 2010



24 Luglio 2010 SANTA CRISTINA

Il Suo Martirio. avvenuto il 24 luglio. come attesta già il più antico calendario della Chiesa romana, dopo l’ultimo editto di Diocleziano che promulgava la pena di morte indistintamente contro tutti i cristiani ed in tutto l’impero. Cristina fa parte della schiera dei Martiri che nel 303-304 d.C. hanno glorificato la Chiesa nascente. Cristina, figlia dodicenne di Urbano, prefetto del municipio romano di Volsinii, di una nobildonna di casato romano appartenente alla Gens Anicia. famiglia questa che aveva sulle rive del lago di Bolsena grandi possedimenti abbracciò la nuova fede di Cristo ancora bambina innamorandosi di quel Vangelo predicato sulle rive del lago fino dalle origini dai Santi Giorgio e Frontone, discepoli di San Pietro. Cristina fu iniziata alla religione cristiana da una amica e fedele ancella di palazzo. Urbano, accortosi della conversione della figlia, cercò in tutti i modi di allontanare fanciulla dalla sua fede, ma nulla riuscì a scalfirne minimamente la volontà. La fece chiudere in un’ala del palazzo gentilizio insieme a dodici ancelle, e la circondò di agi e di lusso. Cristina, però distribuì ai poveri le sue ricche vesti e i metalli preziosi ricavati dagli idoli da Lei infranti. Il padre, a questa notizia, salì su tutte le furie e dopo averla interrogata a lungo, condannò Cristina ad essere denudata delle vesti e pubblicamente flagellata dopo averle fatto recidere i suoi biondi capelli. Commosse da tanta crudeltà, le donne del posto coprirono Cristina con i loro mantelli e i carnefici, dopo lunghe ore di battiture, stremati dalla divina resistenza della fanciulla, caddero a terra esanimi. Urbano, allora, ordinò che la fanciulla venisse condotta in carcere dove venne visitata dalla madre e da alcune altre matrone, ma nemmeno le lacrime materne riuscirono a smuovere Cristina. Il padre disperato nella notte buia fece trasportare la fanciulla su di una barca fino al centro del lago, dove con una grossa pietra al collo venne gettata tra i flutti. Miracolosamente Cristina galleggiò sulle acque come un fiore di ninfea usando per barca lo stesso strumento di martirio, la pietra, dove rimasero le impronte dei Suoi piedi. Ritornata a riva, si presentò spontaneamente al tribunale del padre che nel rivederla per il dolore e per la rabbia morì. Il successore nella carica di prefetto Dione non fu meno severo nei confronti della fanciulla. Fattala nuovamente interrogare ordinò che venisse immersa in una caldaia di olio e pece bollente dove Cristina entrò orante come in un bagno di fresca rugiada. Visto inutile questo tormento. Dione la fece legare ad una grande ruota metallica che al suo girare avrebbe slogato le esili membra della Santa; al primo girare di ruota, questa, per intervento dell’angelo del Signore, si spezzò uccidendo i carnefici e destando stupore tra gli astanti. Il prefetto, stupefatto per gli avvenimenti e furibondo per la sua impotenza verso la fanciulla, fece condurre Cristina al tempio di Apollo per obbligarla a bruciare l’incenso alla divinità, ma alle sue ferventi preghiere la statua del Dio scese dal piedistallo infrangendosi al suolo e uccidendo con una scheggia lo scellerato Dione. A tale vista. si convertirono alla fede di Cristina parecchie migliaia di pagani. Successe a Dione il prefetto Giuliano, uomo rude e accanito persecutore dei Cristiani. Fatta trascinare la fanciulla davanti al suo tribunale, la condannò ad essere uccisa dal morso di serpi velenose che, alle preghiere della Santa divennero mansuete come agnelli e asciugarono con le loro lingue le lacrime della fanciulla. Giuliano esausto la fece murare in una fornace per mattoni dove Cristina rimase per cinque giorni e cinque notti. Quando ormai si pensava di trovare solo cenere, aperta la fornace, con stupore e meraviglia, il prefetto vide la fanciulla in devota conversazione con un gruppo di angeli che per tutto il tempo con il loro sbatter d’ali avevano tenuto lontano il fuoco dal suo corpo verginale. Ancora oggi la tradizione indica in alcuni ruderi sulla via Cassia. circa a due Km. dall’abitato, i resti della fornace dove la Santa subì questo martirio. Disperato per l’ennesima sconfitta, Giuliano trascinò la fanciulla per le vie della città fino all’anfiteatro, dove, dopo averle fatto recidere le mammelle e la lingua, legata ad un palo fu fatta bersaglio da un nugolo di frecce.
26 LUGLIO SS GIOACCHINO ED ANNA
Anna era figlia di Achar e sorella di Esmeria, madre di santa Elisabetta e nonna del Battista. Il suo matrimonio con Gioacchino, uomo virtuoso e molto ricco della tribù di Giuda e della stirpe di Davide, non produsse prole, anche dopo venti anni, a causa della sterilità del marito: umiliato, Gioacchino si ritirò nel deserto, tra i pastori. Mentre erano separati, un angelo apparve ad Anna annunciando l'imminente concepimento di un figlio: lo stesso angelo apparve contemporaneamente in sogno anche a Gioacchino. Anna e Gioacchino, con Maria bambina, abitavano a Gerusalemme nei pressi dell'attuale Porta dei Leoni, nella parte nord orientale della città vecchia, laddove ci sono i resti della piscina di Betzaeta. Le reliquie della santa furono salvate dall'essere distrutte dallo stesso centurione Longino. I resti furono poi custoditi in Terra Santa finché ad opera di alcuni monaci non giunsero in Francia dove rimasero per anni. Durante le incursioni ottomane, l'intero corpo fu chiuso in una bara di cipresso e murato, per precauzione, in una cappella scavata sotto la nascente cattedrale di Apt. Molti anni dopo avvenne il ritrovamento, preceduto e seguito da diversi miracoli che portarono all'identificazione del corpo, grazie perlopiù ad una scritta in greco. In seguito ne avvenne la smembratura e divisione fra i vari nobili ed il clero. Tra i miracoli si ricorda il "lumino", rimasto acceso accanto alla bara di cipresso per anni nonostante l'assenza di aria
6 AGOSTO TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE
La liturgia romana leggeva il brano evangelico riferito all'episodio della trasfigurazione il sabato delle Quattro Tempora di Quaresima, mettendo così in relazione questo mistero con quello della passione. Lo stesso evangelista Matteo inizia il racconto con le parole: "Sei giorni dopo" (cioè dopo la solenne confessione di Pietro e il primo annuncio della passione), "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. E si trasfigurò davanti a loro: il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce". C'è in questo episodio una netta contrapposizione all'agonia dell'orto del Getsemani. E’ evidente l'intenzione di Gesù di offrire ai tre apostoli un antidoto che fortificasse in loro la certezza della sua divinità durante la terribile prova della passione. L'alto monte, non meglio identificato nel Vangelo, è quasi concordemente ritenuto il Tabor, che si erge nel cuore della Galilea e domina la pianura circostante. La data è da collocarsi tra la Pentecoste ebraica e la festa delle Capanne, nel secondo anno di vita pubblica, il 29, nel periodo dedicato da Gesù in modo particolare alla formazione degli apostoli. Quella montagna isolata era infatti molto propizia alle grandi meditazioni, nel silenzio solenne delle cose e nell'aria rarefatta che mitigava la calura estiva. E in questa suggestiva cornice Gesù si offrì alla vista dei tre prescelti in tutto lo splendore del suo corpo glorioso, quale sarebbe dovuto apparire in ogni istante per la naturale conseguenza della visione beatifica di cui godeva perennemente la sua anima, se per un miracolo d'amore e di umiltà non avesse costretto la propria umanità dentro l'involucro mortale, per offrire il suo corpo passibile di dolore in sacrificio al Padre per la nostra redenzione. Con questa soprannaturale visione Gesù dava una conferma alla confessione di Pietro: "Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente". Quell'attimo di gloria sovrumana era la caparra della gloria della risurrezione: "Il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo". Lo stesso tema del colloquio con Mosè ed Elia era la conferma dell'annunzio della passione e della morte del Messia. La trasfigurazione, che fa parte del mistero della salvezza, è ben degna di una celebrazione liturgica che la Chiesa, sia in Occidente come in Oriente, ha comunque celebrato in vario modo e in date differenti, finché papa Callisto III elevò di grado la festa, estendendola alla Chiesa universale, per ricordare la vittoria riportata nel 1456 a Belgrado contro i Turchi e di cui giunse notizia a Roma il 6 agosto.

Data: 08/08/2010
Fonte: confraternita sommaia
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